Cristina Ducci per Avanscena

Cristina Ducci, scenografa, scultrice, 3D artist racconta per Archivio Attivo Avanscena il suo lavoro.

Qual è la tua professione?

Sono Cristina Ducci scenografa / scultrice / 3D artist, mi sono formata all’Accademia di Belle Arti di Perugia.Ho iniziato a muovere i primi passi come scenografa realizzatrice all’interno di laboratori di scenografia alcuni dei quali ad oggi non esistono neanche pù, come ad esempio: Nuovo teatro Caos di Spoleto o Decorpan di Treviso, ma anche in luoghi come il laboratorio del Festival di Spoleto,  il Petruzzelli di Bari e in altri Festival o Fondazioni dove sono stata coinvolta per occuparmi della parte scultorea. Tutte queste occasioni di far parte di produzioni importanti, mi hanno dato la possibilità di consolidare la mia formazione e al contempo di lambire maestri come Ronconi, De Simone, Bob Wilson.

Qual è l’ultimo impegno artistico o lavorativo che hai vissuto come davvero importante?

L’ultimo impegno artistico o lavorativo che ho vissuto come davvero importante, sono due / tre:

La Tosca in scena a Noicattaro di Bari nel 2019 con la regia di Rocco Anelli e la scenografia di Stefano Merlo e Il Tamerlano (ovvero la morte di Bajazet) di Antonio Vivaldi, in scena al Teatro Alighieri di Ravenna nel 2023, con la regia e la scenografia di Stefano Monti.
Entrambi i lavori sono stati accompagnati da fondali animati curati e realizzati dalla sottoscritta.

La Tosca, in scena su di in un palco all’aperto è stata un’esperienza importante perché, per la prima volta, ho potuto sperimentare in maniera completa la tecnica della proiezione su LedWall – peraltro di grandi dimensioni – utilizzando immagini ricavate da render di scene 3D. Queste scene proiettate, erano naturalmente pensate in funzione della musica e dell’azione scenica.
Per ottenere i contenuti da proiettare, nell’ambiente 3D, sono state costruite le scene con degli elementi modellati, poi illuminati e animati tramite movimenti di camera.  Successivamente sono stati fatti dei render di queste animazioni, poi editati in clip video. Tutto questo ha richiesto un grande impegno,  condito con una grossa dose di incoscienza anche  per aver affrontato  da sola tutto il progetto, ma questo lavoro mi ha aiutato molto a crescere tecnicamente e a capire qualcosa in più nell’utilizzo delle proiezioni nell’ambiente teatrale.

Il Tamerlano è stato un lavoro presentato in un teatro e in un contesto di grande rilievo. È stato importante perché, pur utilizzando la  retroproiezione su PVC – tecnicamente meno impegnativa, almeno in apparenza – si è svolto un lavoro accurato sulla componente meno figurativa del fondale, alla ricerca di una ‘versione’ astratta ed emozionale capace di rispecchiare ogni momento musicale e scenico. Questo è avvenuto nonostante la complessità della musica, poco descrittiva, propria dell’opera in questione: un pasticcio, ossia un’opera in cui confluiscono non solo pagine preesistenti dell’autore ma anche di altri compositori.

Per ottenere i contenuti da proiettare, nell’ambiente 3D, le scene erano modellate come una continuazione dell’impianto scenico costruito, lasciando una parte del fondale dedicata a immagini oniriche in movimento: elementi riconoscibili come teschi, cavalli, uccelli, volti, tappeti e fiori che nelle proiezioni venivano, ad esempio, sfibrati, sfilacciati e riassemblati.

Aggiungerei anche un altro lavoro certamente diverso da questi due ma altrettanto importante, svolto per conto di Atmo / Gioform di Bastia Umbra.

In occasione del Natale di Francesco nel 2020, ci è stata richiesta  la realizzazione di più di cinquanta statue monumentali per delle installazioni presepiali collocate a ridosso dei più importanti e conosciuti monumenti della città di Assisi. Le scene rappresentate non erano le classiche pose del Presepe, ma scene direttamente riprese dagli affreschi di Giotto collocati nella Basilica di San Francesco. Il materiale utilizzato prettamente di scenografia, cioè polistirolo garzato, stuccato e dipinto alla “maniera” di Giotto.

C’è stata un’esperienza formativa o un incontro che ha segnato in modo profondo il tuo percorso creativo e professionale?

Parliamo di circa dieci anni fa, in un momento della mia vita in cui sentivo un’urgenza profonda: imparare qualcosa di nuovo, di diverso, per affrontare meglio il mondo e, in particolare, il contesto della scenografia. Avvertivo chiaramente che le cose stavano cambiando e desideravo crescere insieme a questo cambiamento. La sfida era quella di imparare ‘qualcosa al computer’, anche se, a dire il vero, all’epoca non avevo idea precisa di cosa cercassi.

Mi sono imbattuta in Blender durante una ricerca online: un software per il 3D – ma non solo – gratuito e open source. Ho iniziato a studiarlo da autodidatta e, quasi per caso, proprio in quel periodo stava nascendo e crescendo anche la community italiana, di cui sono entrata a far parte attivamente. Con il tempo, ho acquisito competenze sempre più solide, tanto da diventare formatrice accreditata.
Il percorso non è stato facile, ma estremamente formativo.
Anche se spesso il lavoro al computer viene percepito come qualcosa di artificiale, per me il passaggio dalla scultura classica a quella digitale è stato del tutto naturale. Negli anni, la mia familiarità con il software 3D è cresciuta costantemente, ma nel contempo cresce anche anche il bagaglio di cose da imparare e nuove tecniche da affinare. Trovare applicazioni concrete di queste tecniche nel campo della scenografia è, per me, una sfida continua, stimolante e piena di possibilità creative.

Quali sono gli strumenti fondamentali del tuo mestiere, quelli che ti accompagnano in ogni progetto?

Posso certamente dire che uno degli strumenti fondamentali del mio lavoro, presente in ogni progetto, è Blender. È lo strumento con cui mi confronto quotidianamente per inquadrare e impostare qualsiasi tipo di progetto da sviluppare. Ciò che mi aiuta maggiormente è la possibilità di avere una visione tridimensionale e plastica della scena mentre la costruisco e la modello all’interno del software. Anche se poi il lavoro viene tradotto in clip o immagini da proiettare, stampare in grandi dimensioni o semplicemente in bozzetti preparatori, Blender rimane il punto di partenza imprescindibile.    

Uno dei limiti che riscontro è la difficoltà nel dare il giusto valore al lavoro svolto al computer. Se eseguito con competenza e con determinati risultati, richiede conoscenze e un impegno pari a quelli del lavoro artigianale o artistico tradizionale, come quello svolto, appunto, dagli scenografi.

2023_Il Tamerlano_Teatro Alighieri_regia e scene Stefano Monti.

Hai sviluppato una tua metodologia di lavoro? Se sì, puoi raccontarcela?

Parlando in particolare di scultura, ho sviluppato una mia metodologia di lavoro: quando devo realizzare ad esempio una statua, anche di grandi o grandissime dimensioni, la progetto e la scolpisco in digitale. Una volta ottenuto il modello 3D, questo viene riprodotto fedelmente tramite macchine a controllo numerico (CNC) o tramite stampa 3D. In questo modo la statua viene scolpita da bracci meccanici o stampata, seguendo con precisione il modello che ho creato, saltando il lavoro prettamente fisico, almeno per questa prima fase. Tornando al lavoro citato prima cioè “Il Presepe di Francesco” posso certamente affermare che solo con questa tecnica abbiamo potuto affrontare una mole di lavoro altissima tra l’altro svolta in un tempo record.

Secondo la tua esperienza, in che modo le arti sceniche rispondono oggi ai bisogni dell’essere umano contemporaneo? Lo spettatore di oggi cosa cerca?

Credo che prevalga oggi una maggiore attenzione alla dimensione dello svago e del divertimento. Lo spettatore cerca emozione, sorpresa e la possibilità di vivere esperienze nuove: sempre più spettatori amano esperienze partecipative o immersive

La potenzialità del mio lavoro svolto col 3D, è che potrebbe rispondere alle esigenze delle arti sceniche contemporanee di adottare anche tecniche come videoarte o realtà aumentata per parlare un linguaggio più vicino, forse, a quello della società attuale. Mi piacerebbe poter fondere la visione della scenografia più tradizionale a queste tecniche e suggestioni, piuttosto che il contrario.

Quali sono le sfide e le potenzialità del tuo lavoro per il futuro?

La sfida più grande per il futuro è, senza dubbio, continuare a essere creativi con entusiasmo. Per quanto mi riguarda, è fondamentale anche trovare colleghi e collaboratori con cui instaurare un buon feeling, magari non solo legato al progetto specifico, ma più in generale a un modo condiviso di lavorare e pensare. Allo stesso tempo, avere la fortuna di essere coinvolti in progetti stimolanti è un elemento altrettanto essenziale per mantenere viva la motivazione e la qualità del lavoro.

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